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Monday, April 02, 2007

Ecco due spade

Faccio un breve post sul Vangelo della Domenica delle Palme appena trascorsa. Non per un'interpretazione strettamente teologica, per cui non mi sento competente, ma per rilevare il suo interesse anche dal punto di vista narratologico. Voglio con questo dire che, pure sotto un profilo semplicemente formale, è un gran bel brano e, oserei dire, un capolavoro nel suo genere.
Non posso riportare tutta la passione e morte di Gesù secondo Luca; prendo qualche brano significativo.

(Lc 22,14-18) Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio". E preso un calice, rese grazie e disse: "Prendetelo e distribuitelo tra voi, poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio".

Qui potete sicuramente notare la bipartizione della "premessa" di Gesù alla passione, di grande effetto patetico; il simbolo della distribuzione del calice è il perno del breve passo, in quanto si ricollega con le due affermazioni precedente e seguente: dato che egli non mangerà più la Pasqua e non berrà più il vino, implicitamente egli vuole comunicare un allontanamento da sé di questi elementi, che lascia per intero agli apostoli che lo accompagnano. Si noti anche il "frutto della vite", perifrasi tipicamente poetica per designare il vino.

(Lc 22,35-38) Poi disse: "Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?. Risposero: "Nulla". Ed egli soggiunse: "Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine". Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade". Ma egli rispose: "Basta!".

Questo punto è uno dei più drammatici dell'intera vicenda. L'atmosfera, difatti, non è quella della profezia di sventura (come anche capita nello stesso Luca), bensì quella di una previsione di ciò che accadrà una volta che tutto sarà compiuto; nulla è dichiarato con certezza e Gesù parla per simboli, di modo che gli apostoli stessi sono disorientati rispetto a quanto egli afferma. Il dramma sta per l'appunto nel fatto che tutti ignorano con precisione ciò che accadrà, e ricorrono alla loro esperienza ingenua per proporre un'interpretazione. Osservate l'ultimo scambio dialogico e noterete come in pochissime parole sia fatta intendere dall'evangelista la tragica incomunicabilità tra maestro e discepoli; la risposta di Gesù è a metà tra lo sconforto e la vera e propria angoscia.
Sono confortato nell'affermare questo dall'opinione di J. Kodell (Vangelo secondo Luca, Queriniana, Brescia, 1992, p. 146), che così commenta il brano: "In un messaggio diretto a tutti, Gesù chiede di ricordarsi delle istruzioni che aveva dato loro quando erano partiti per la missione di predicare ([Lc] 9,3). Era stato detto loro di confidare sulla provvidenza di Dio per le cose di cui avrebbero avuto bisogno. Ora, a causa dell'imminente crisi causata dalla passione e dalla morte di Gesù, e in vista della persecuzione che sicuramente si abbatterà sulla chiesa primitiva, Gesù dice loro di prepararsi per bene a questa battaglia, fino a prendere le armi. Egli parla in modo figurato per avvertirli della gravità della battaglia, ma essi lo prendono alla lettera, portando due spade. Il "basta!" mette fine a una conversazione che hanno preso in modo superficiale".

(Lc 22,39-46) Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: "Pregate, per non entrare in tentazione". Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà". Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: "Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione".

Questa sezione è un vero capolavoro, dato che senza l'ausilio di nessun particolare dispositivo drammatico (come invece accade in Marco) rende perfettamente l'atmosfera di angoscia della morte che coglie Gesù (e, mi permetto di dire, l'uomo in generale...). Il monte degli Ulivi, tanto per cominciare, si richiama alla Domenica delle Palme in cui Gesù entra a Gerusalemme; ma, senza necessità di ulteriori spiegazioni, basta l'accenno per chiarificare il rovesciamento che si sta per attuare.
L'accenno al "tiro di sasso" può forse essere un'allusione al martirio? La butto lì... sarebbe una gran raffinatezza da parte di Luca.
Interessante il richiamo intertestuale dell'allontanamento del calice: come a tavola aveva allontanato da sé il calice della Pasqua, ora Gesù vorrebbe che fosse allontanato da sé anche quello della sofferenza. Di solito, è un collegamento che sfugge.
L'immagine dell'angelo che scende a confortare Gesù è davvero poetica nella sua semplicità espressiva: con poche parole al punto giusto l'evangelista stimola l'immaginazione del lettore, che è in grado di raffigurarsi direttamente la scena. Per completezza, segnalo qui un problema di filologia biblica, riportato in L. T. Johnson, Il vangelo di Luca, Elledici, Leumann, 2004, p. 311: "43. Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo: C'è qualche dubbio sul fatto che i due versetti seguenti appartengano o no alla composizione originale di Luca. Le testimonianze dei manoscritti sono abbastanza equamente divise, con forse una leggera preponderanza (secondo le regole) a scapito dell'inclusione. L'esclusione dei versetti darebbe ovviamente una "lettura più breve", che normalmente è quella preferibile. Ma la terza regola fondamentale della critica testuale è che è preferibile la "lettura più difficile", e in questo caso non è facile stabilire quale sia la più "difficile". Quelli che optano per l'esclusione sostengono che sono stati inclusi per proteggere la divinità di Gesù dallo scandalo della sua prostrazione. Ma l'apparizione di un angelo a questo punto del racconto è ovviamente "più difficile" da spiegare sotto altri aspetti, come attesta la tendenza dei lettori contemporanei a ometterli. La decisione va presa in base alla plausibilità tematica, e secondo questo criterio i versetti sembrano di Luca. Certamente il "confortarlo" o "dargli forza" (enischuò) fa parte della terminologia di Luca (At 9,19). Per quanto riguarda l'apparizione di un agente dal cielo, nessuno dovrebbe meravigliarsi di questo fatto, in qualsiasi punto del racconto di Luca (cf. 1,11.13.18.26; 2,9-10; 4,3; 9,30-31; 24,23; At 5,19; 8,26; 10,3.22; 11,13; 12,7-15; 27,23)! Notare inoltre che l'idea degli angeli che "servono" Gesù nel momento della prova si trova anche altrove nella tradizione (Mc 1,13).
Per quanto riguarda le "gocce di sangue" che tanto impressionano i lettori contemporanei, secondo gli esegeti moderni vi è un equivoco di lettura del testo evangelico. Sempre Johnson, op. cit., p. 311: "il suo sudore diventò come gocce di sangue: Il testo non dice che Gesù "sudava sangue" per una specie di reazione fisiologica allo stress, ma stabilisce un paragone (hòsei) tra l'abbondanza del sudore (in grosse gocce) e le gocce di sangue (per il sudore degli atleti nell'agon come segno del loro sforzo, cf. Epitteto, Discorsi, 1,24,1-2)". L'immagine è ovviamente molto forte, ma è una figura retorica: ma appunto per questo, anche qui grande ricercatezza di Luca -. purtroppo quasi mai colta, sembra che il lettore preferisca "vedere il sangue"...! - con l'unico punto realmente patetico del passo.

(il post è diventato più lungo di quel che pensavo... mi lascio sempre prendere la mano, diamine... :o )


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