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Thursday, January 26, 2006

Suono e verbo

Mioddìo... è da lunedì che non scrivo alcunché qui sopra... perdòno perdòno perdòno!
Vabbè, qualità NON quantità... ammesso che la qualità ci sia! Faccio quello che posso, ovviamente.
Ieri ho trovato in Biblioteca Civica a Vercelli: BOULEZ Pierre, Note di apprendistato, a cura di Paule Thévenin, Einaudi, Torino, 1968. Non l'ho ancora letto tutto, certe parti sono davvero difficili (le analisi di composizioni all'interno del saggio Stravinsky rimane sono un vero rompicapo!), ma il saggio Suono e verbo, pur non esprimendo magari concetti rivoluzionari, si pone come interessante sintesi riflessiva sul significato dell'opera musicale come opera poetica. Boulez poi è una figura di spicco della musica d'avanguardia, anche solo per la sua statura sarebbe interessante interessarsi alla sua produzione.
Ne riporto i primi paragrafi e, prima di lasciare la parola al Maestro, vi saluto con affetto! ;-)

"Si ammette in generale che l'evoluzione della musica presenti un serio ritardo sullo sviluppo degli altri mezzi d'espressione; si giunge persino a stabilire delle corrispondenze precise tendenti a provare che questo ritardo è localizzabile in un intervallo di tempo definito. Se con la pittura le corrispondenze sono necessariamente piuttosto lontane, con la poesia è diverso poiché quest'ultima è legata in parte alla musica o per lo meno a un campo della musica che poggia sulla messa in gioco dell'elemento vocale. Senza contare la permanenza del fatto teatrale, la musica si è sempre misurata con la parola. Per prendere esempi soltanto nella nostra tradizione occidentale più vicina, citiamo il canto gregoriano, la musica polifonica del Medioevo o del Rinascimento, la musica d'opera e la musica di chiesa, e infine la letteratura abbondante del Lied. Si è osservato più volte che i musicisti nella scelta dei loro testi consideravano maggiormente il tenore poetico che la qualità del poema. Non si è mancato di attribuire questo disconoscimento della qualità poetica alla mancanza di cultura, talvolta evidente; si è però anche spiegato che le ragioni del musicista nell'eleggere tale testo o tal altro non coincidevano necessariamente con il valore letterario più o meno grande del testo stesso.
Non è mio proposito analizzare i rapporti complessi che intercorrono fra valori musicali e valori poetici; volevo semplicemente ricordare a quale grado certe forme di espressione legano intrinsecamente questi due fenomeni: suono e verbo. Sarebbe come dire che all'evoluzione del linguaggio corrisponde un'evoluzione similare della musica? Non mi sembra possibile affermare che il problema vada posto in termini di un semplice parallelismo. È quasi superfluo ricordare che l'evoluzione musicale vincola innanzi tutto delle concezioni tecniche e comporta rilevanti modifiche del vocabolario e della sintassi, mutazioni molto più radicali di quante non ne potrà mai subire la lingua; è innegabile però, soprattutto dalla fine del secolo scorso, che le grandi correnti poetiche hanno una forte risonanza sullo sviluppo estetico della musica - la tecnica musicale è talmente specifica da scartare automaticamente ogni influenza diretta. Si può notare che i poeti più attivi rispetto al linguaggio stesso lasciano sul musicista l'impronta più visibile; ci vengono subito in mente, s'intende, i nomi di Mallarmé più che di Rimbaud, di Joyce più che di Kafka. E similmente si arriverebbe a una classificazione - abbastanza vaga, per il vero - che separa le influenze precise, dirette, e le influenze più diffuse, per osmosi. Non si vuol dire che la prima di queste due categorie sia più importante od operi più in profondità della seconda; soltanto il modo di agire differisce. In un caso, certe acquisizioni passano da una forma di linguaggio all'altra subendo una necessaria traslazione; nell'altro caso, la relazione è infinitamente più complessa e non sarebbe possibile stabilirla se non partendo da considerazioni strutturali molto generiche o in una stessa direzione estetica.
Struttura, una parola della nostra epoca. Mi pare che se ci deve essee connessione fra poesia e musica, si dovrà ricorrere con la maggior efficacia possibile a questa nozione di struttura; e voglio dire dalle strutture morfologiche di base fino alle strutture di definizione più vaste. Se scelgo un poema per farne non soltanto il punto di partenza di un'ornamentazione che tesserà questi arabeschi intorno ad essa, se scelgo il poema per inserirlo come fonte d irrigazione della mia musica e creare con questo fatto un amalgama tale che il poema si trovi «centro e assenza» del corpo sonoro, allora non posso limitarmi ai soli rapporti affettivi intercorrenti fra queste due entità; allora un tessuto di congiunzioni si impone e comporterà fra l'altro i rapporti affettivi includendo però tutti i meccanismi del poema, dalla sonorità pura al suo ordinamento intelligente."

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