Dischi che si ascoltano dopo un po'
Oggi, mentre riordinavo un angolo di camera mia, ho messo su un CD che era un casino di tempo che non riascoltavo. Non sono particolarmente fan di Loreena McKennitt, però The mask and the mirror mi aveva interessato parecchio. Anche oggi mi ha tenuto compagnia in maniera gradevole. Certo, bisogna proprio essere amanti delle atmosfere rarefatte e goticamente eteree (cosa che io non sono... mi perdo molto?) per apprezzare a pieno il mood del disco; comunque, anche un non-cultore del genere si può lasciare un po' trasportare con buona gratificazione da musica di questo tipo.
La prima volta che l'ho ascoltato sarà stato cinque o sei anni fa, non ricordo bene. Dopo cinque o sei anni viene fuori però ancor di più la sensazione di eccessivo ricorso alle figure iterative. Voglio dire... tutti i brani contengono, per farla breve, idee monolitiche che vengono ripetute fino a quando necessario, con variazioni solo occasionalmente sostanziali (bello per esempio il cambio di soluzione armonica nelle ultime strofe di The mystic's dream: esaurita la melodia su pedale, ecco una solenne cadenza... ma il brano era già notevole per le quinte in organum del coro maschile di apertura). The bonny swans ha una melodia ricercata e stupenda, su un testo particolarmente sentito... ma è sempre la medesima cosa! Pur considerando che è in forma di ballata, è un po' riduttivo impostare un brano di sei minuti in questa maniera. Esasperate in questo senso Santiago (che non brilla per inventiva armonica: in pratica due soli accordi in cadenza evitata) e Marrakesh Night Market.
Cosa c'è di bello in questo disco? Prima di tutto, il gusto melodico cui già si accennava: trovare temi così originali (peraltro auto-limitandosi diatonicamente le possibilità) non è da tutti. Secondo, scelta di testi molto mirata e raffinata. Terzo, produzione ineccepibile e ottimamente diretta allo scopo. Tre brani rappresentativi di tutto ciò: The dark night of the soul, con un testo mistico adattato da San Giovanni della Croce, Full circle e The two trees su una lirica di Yeats. Io non posso descrivere quanto di più indescrivibile, cioè la musica, ma posso farvi sentire le samples dei brani sul sito dell'etichetta discografica della McKennitt... sito tra l'altro ben curato e presente anche in versione italiana (100 punti in più! :D ).
In definitiva, nuova dimostrazione di come può benissimo essere un disco, pur non corrispondendo ai canoni valutativi complessivi dell'ascoltatore, può comunque sortire in lui un giudizio estetico positivo. D'altronde, come direbbe Schopenhauer, tutta responsabilità del contenuto ben poco rappresentativo della musica... :D
La prima volta che l'ho ascoltato sarà stato cinque o sei anni fa, non ricordo bene. Dopo cinque o sei anni viene fuori però ancor di più la sensazione di eccessivo ricorso alle figure iterative. Voglio dire... tutti i brani contengono, per farla breve, idee monolitiche che vengono ripetute fino a quando necessario, con variazioni solo occasionalmente sostanziali (bello per esempio il cambio di soluzione armonica nelle ultime strofe di The mystic's dream: esaurita la melodia su pedale, ecco una solenne cadenza... ma il brano era già notevole per le quinte in organum del coro maschile di apertura). The bonny swans ha una melodia ricercata e stupenda, su un testo particolarmente sentito... ma è sempre la medesima cosa! Pur considerando che è in forma di ballata, è un po' riduttivo impostare un brano di sei minuti in questa maniera. Esasperate in questo senso Santiago (che non brilla per inventiva armonica: in pratica due soli accordi in cadenza evitata) e Marrakesh Night Market.
Cosa c'è di bello in questo disco? Prima di tutto, il gusto melodico cui già si accennava: trovare temi così originali (peraltro auto-limitandosi diatonicamente le possibilità) non è da tutti. Secondo, scelta di testi molto mirata e raffinata. Terzo, produzione ineccepibile e ottimamente diretta allo scopo. Tre brani rappresentativi di tutto ciò: The dark night of the soul, con un testo mistico adattato da San Giovanni della Croce, Full circle e The two trees su una lirica di Yeats. Io non posso descrivere quanto di più indescrivibile, cioè la musica, ma posso farvi sentire le samples dei brani sul sito dell'etichetta discografica della McKennitt... sito tra l'altro ben curato e presente anche in versione italiana (100 punti in più! :D ).
In definitiva, nuova dimostrazione di come può benissimo essere un disco, pur non corrispondendo ai canoni valutativi complessivi dell'ascoltatore, può comunque sortire in lui un giudizio estetico positivo. D'altronde, come direbbe Schopenhauer, tutta responsabilità del contenuto ben poco rappresentativo della musica... :D
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