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Thursday, January 12, 2006

Faber

Ieri 11 gennaio era il 7° anniversario della scomparsa di Fabrizio De Andrè. Non è necessario qui ricordare gli impareggiabili meriti artistici del Faber nazionale, la molteplicità delle tematiche trattate con originalità e profondità dai suoi dischi, il suo personalissimo stile di composizione dei testi, le atmosfere musicali decisamente inedite e la loro coesione ottimale con le liriche, il background culturale a tutto tondo.
Riporto, come minimo tributo a De Andrè, una delle canzoni più fortemente meta-musicali e programmatiche della sua produzione, dove oltretutto è compresente anche l'aspetto di parafrasi di altre opere (in questo caso l'Antologia di Spoon River, da cui Fabrizio trasse un intero e intensissimo disco). Sarebbe bello poter sottoscrivere questa canzone in tutto e per tutto, anche solo per la rilevanza poetica del testo.

Il suonatore Jones (da Non al denaro, non all'amore nè al cielo)

In un vortice di polvere
gli altri vedevan siccità,
a me ricordava
la gonna di Jenny
in un ballo di tanti anni fa.

Sentivo la mia terra
vibrare di suoni, era il mio cuore
e allora perché coltivarla ancora,
come pensarla migliore.

Libertà l'ho vista dormire
nei campi coltivati
a cielo e denaro,
a cielo ed amore,
protetta da un filo spinato.

Libertà l'ho vista svegliarsi
ogni volta che ho suonato
per un fruscio di ragazze
a un ballo,
per un compagno ubriaco.

E poi se la gente sa,
e la gente lo sa che sai suonare,
suonare ti tocca
per tutta la vita
e ti piace lasciarti ascoltare.

Finì con i campi alle ortiche
finì con un flauto spezzato
e un ridere rauco
ricordi tanti
e nemmeno un rimpianto.

4 Comments:

Blogger Giacomo said...

Spesso si sente chiedere alle persone se l'incontro, la scoperta di qualche scrittore, opera, artista o pensatore in generale abbia loro "cambiato la vita", abbia comunque impresso un segno profondo; beh, mi piace pensare che il lascito artsitico e, in senso più ampio, intellettuale di De André abbia svolto su di me proprio questa affascinante (anche se un po' discutibile) funzione; la ricchezza e l'affinità con la mia sensibilità che traggo da ogni suo aspetto mi sono sorprendenti.
In fin dei conti, un po' maitre à penser per me lo è stato!


A proposito di un disco pregevole...

"Compagni, amici, coetanei, considerarono quel disco anacronistico. Non avevano capito che "La buona novella" voleva essere un'allegoria che si precisava nel paragone tra le istanze migliori e più sensate della rivolta del '68 e le istanze, da un punto di vista spirituale sicuramente più elevate, ma da un punto di vista etico-sociale direi molto simili che, 1969 anni prima, un signore aveva fatto contro gli abusi del potere, contro i soprusi in nome di un egalitarismo e di una fratellanza universale. Quel signore si chiamava Gesù di Nazareth e secondo me è stato ed è rimasto il più grande rivoluzionario di tutti i tempi"

Fabrizio De André, Roma, Teatro Brancaccio, 13 febbraio 1998 (durante il suo penultimo tour)


ps: ho trovato il blog proprio nel momento giusto, direi...! Con questo intervento ti saluto e ti auguro un buon proseguimento...

January 12, 2006 11:09 pm  
Blogger Radiant said...

Difatti "La buona novella" ebbe a suo tempo una seria difficoltà di contatto con lo stesso pubblico per cui, del resto, era stata pensata. De Andrè fu difatti chiarificatore nella circostanza che hai ricordato, forse anche perché gli dispiaceva che uno dei suoi lavori più importanti fosse stato frainteso e si fosse accusato lui, l'autore, di incoerenza e altro proprio a cagione di quel disco. Giusto che tu abbia ricordato la bellissima citazione, ho ascoltato giusto ieri "La buona novella" (per omaggiare il Faber, ovviamente!) e non mi era venuta in mente. Tra l'altro costituisce esempio paradigmatico della modalità esplicativa e argomentativa sintetica di De Andrè, molto efficace e in pieno accordo con il suo carattere.
Per quanto concerne la funzione, per così dire, empatica dell'arte, non è mica così discutibile, secondo me. È pur vero che se si vuole fare uno studio in base a criteri, nel limite del possibile, di obiettività è necessario il distacco eccetera. Altrimenti ciascuno studierebbe solo quello che gli piace al massimo grado e non ci sarebbe criticità di giudizio (e io non avrei tutti questi mp3 di Beethoven, giusto per esemplificare... comunque pure lui sta cominciando a interessarmi anche fuori dal confronto analitico...)! D'altro canto, l'arte non è tale se non fa in modo di coinvolgere in qualche misura chi ad essa si accosta. Sarebbe assurdo pensare all'opera artistica come un oggetto da analizzare e basta: l'analisi deve essere, secondo me, un possibile strumento per formulare giudizi di valore di una certa sostanza, che si pongano al di sopra dello schema "questo disco è bello perché la musica è gradevole e i testi sono interessanti" punto, tenuto conto che mai possono ritenersi valutazioni di valore assoluto. Il senso etico (nel caso del coinvolgimento intellettivo che tu citavi) o quello estetico sono un'altra cosa, che casomai meritano riflessioni separate da parte delle rispettive discipline!
Grazie per l'intervento così partecipato, linkati il blog e commenta a tutt'andare! Ci vediamo.

January 12, 2006 11:34 pm  
Blogger Giacomo said...

"Tra l'altro costituisce esempio paradigmatico della modalità esplicativa e argomentativa sintetica di De Andrè, molto efficace e in pieno accordo con il suo carattere"

Eh già, volevo appunto dare nota anche di questo; un gran bel parlare.
Per l'altra questione, invece, nel porre qualche dubbio mi riferivo al fatto di considerare singoli incontri come determinanti nella formazione di un individuo, della sua personalità; per dire, mi vengono in mente cose del tipo "leggi Siddharta e non sei più lo stesso" o "il Capitale ti apre gli occhi" e consimili... per carità, per taluni potrà pure essere così, ma, appunto, la questione mi sembra più discutibile: preferisco sempre tenere conto della complessità e molteplicità degli spunti intellettuali che si intrecciano a formare gli individui, piuttosto che dei monoliti che "cambiano la vita" alla loro apparizione; detto questo, De André mi ha effettivamente dato molto, probabilmente proprio perchè ho potuto attingere diversi e plurimi aspetti dalla sua opera ma - e qui sta la grandezza - tutti mirabilmente intessuti coerentemente tra loro.
Ciò che hai scritto circa la percezione emotiva dell'arte e non solo rigidamente analitica lo condivido pienamente, anzi: semmai tendo spesso ad eccedere proprio nella componente di empatia tralasciando la pur importante obiettività del giudizio; comunque il discorso è intricato e intrigante (radici diverse o no...?), toccando direttamente il concetto di arte, decisamente fecondo; e, a questo punto, mi viene da pensare che a un osservatore esterno potrebbe sembrare quantomeno singolare o addirittura bislacco che noi se ne discuta attraverso questo mezzo, abitando a 500 metri l'uno dall'altro: riusciremo mai a fare discorsi di questo tipo, coinvolgendo pure altri personaggi, tipo davanti a una tavola imbandita o una sera qualunque, senza per questo apparire spocchiosi? E' un po' la mia idea di simposio, anche... boh, forse non ne sarei nemmeno in grado io; certo tutto ciò mi dà da pensare...


Ecco, ora dovrebbe pure essere inserita la mia risibile figura, mutuata da quella minchiata di giovani.it (ex studenti.it, l'avevo inserita a quei tempi...).

Ah, gran bell'autista.

January 13, 2006 1:03 am  
Anonymous Anonymous said...

Grazie per averlo ricordato.

January 14, 2006 11:35 am  

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