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Thursday, April 24, 2008

Non vogliamo parlare di "censura"? Bene, parliamo di "tagli"

Quest'oggi devo, ahimè, mettere online una piccola protesta per un fatto che è accaduto e che mi ha visto parte in causa. Mi riferisco a un "taglio" che ho dovuto giocoforza accettare a riguardo di un mio articolo che apparirà domani sul Corriere Valsesiano. Lo scrivo oggi e non domani perché è meglio che si sappia prima.
Avvertenza: quanto segue, per ovvie ragioni, sarà più facilmente comprensibile da parte di chi conosce i personaggi nominati. Mi spiace per gli altri, cercherò di spiegarmi anche con loro.
Descrivo il fatto. Venerdì 18 mi sono recato al Consiglio comunale di Varallo Sesia per fare la cronaca della riunione. La circostanza era anche per l'assemblea un'occasione per fare gli auguri al sindaco Gianluca Buonanno, neoeletto deputato. Buonanno è personaggio conosciuto perché abituato a comportamenti istrionici e sopra le righe anche in contesti ufficiali; dotato di una buona dose di irriverenza, è solito sfogare (di proposito o spontaneamente? boh...) il suo astio contro alcuni esponenti dell'opposizione. In particolare, ce l'ha sempre a morte (così pare) con i tre componenti del gruppo consiliare varallese afferente, grosso modo, all'area del Pd; essi sono, a dire il vero, abbastanza inclini a porgere il destro al sindaco per i suoi attacchi scomposti, forse per un po' di ingenuità politica nel non aver capito tanto bene con chi hanno a che fare. Questo, almeno, è quanto capita normalmente; ma, di solito, pur nel delirio verbale cui il primo cittadino va incontro, non si sfora mai il limite della violenza personale.
Nel Consiglio del 18 scorso, invece, è successa una cosa un po' diversa. Il raggruppamento, per tramite della capogruppo Attilia Fusaro, ha fatto una cosa corretta e molto gentile, esprimendo un sincero augurio di buon lavoro a Buonanno. Il quale sul subito non ha risposto; ci ha pensato un po' e, mentre si discuteva di tutt'altro (una variazione al bilancio), ha dato vita al seguente scambio di battute con la Fusaro e la sua collega Laura Mortara. Riporto a memoria perché non ho registrato nulla; ci tengo a precisare che tutto sarebbe facilmente verificabile riguardando la registrazione audio/video effettuata dall'emittente locale Telemonterosa; quindi – lo dico per i solito sospettosi – non invento nulla.

Buonanno: "Prima, quando mi avete fatto gli auguri, mi sono toccato, non si sa mai..."
Fusaro: "Dato che invece ora è lei che ci sta rispondendo, dovremmo toccarci noi..."
Buonanno: "A te tanto non ti tocca nessuno. Toccati da sola"
Mortara: "Signor sindaco!"
Buonanno: "Sì, professoressa?" (allusione all'impiego della Mortara)
Mortara: "Questa era davvero una battuta di cattivo gusto, dovrebbe evitarsele!"
Buonanno: "Perché, sennò ti metti a piangere?"

Peccato non poter rendere i fatti soprasegmentali, per far capire meglio il tono della conversazione...
A questo punto si poneva per il sottoscritto il problema: come rendere conto di quanto accaduto? I casi sono due: o non si parla per nulla del fatto che si è discusso in Consiglio del mandato parlamentare del sindaco; oppure, volendone parlare, le notizie si devono dare complete. Per rispetto del giornale, tuttavia, non avrei certo potuto riportare letteralmente queste trivialità di basso livello. Dopo lunga riflessione (che ha tenuto conto pure della deprecabile circostanza per la quale c'è gente che gode nell'apprendere questo modo di comportarsi del loro idolo politico...) ho optato per la seguente soluzione.

Dai banchi dell’opposizione, l’indirizzo di saluto è stato pronunciato dalla consigliera Attilia Fusaro, a nome dell’intero suo gruppo: «Ci congratuliamo con il sindaco per l’importante risultato ottenuto e “facciamo il tifo” per lui, affinché esistano e si realizzino ampie possibilità di azione parlamentare. Per ora, comunque, a lui i migliori auguri di buon lavoro». Purtroppo, il sindaco non è sembrato gradire l'intervento, rispondendo in maniera decisamente poco rispettosa a Fusaro e alla collega Laura Mortara.

Peccato che l'ultima frase non sia proprio andata giù al direttore. Per tramite di una collega, mi ha mandato a dire le cose seguenti, che mi permetto di contestare hic et nunc.
1) "Questa cosa tu non la puoi scrivere". E perché no? Mica manco di rispetto a nessuno, né dico una falsità.
2) "Non puoi scrivere un tuo commento". A parte il fatto che nessuna legge me lo vieterebbe; ma comunque non mi sembra di aver espresso un commento così personale: il sindaco è stato poco rispettoso a livello personale di una consigliera, mi pare evidente. Potevo anche scrivere di peggio, a ben vedere: e cioè che il sindaco ha usato violenza verbale nei confronti di una collega all'interno di un contesto pubblico e ufficiale (uno a casa sua o al bar può dire ciò che vuole, ma in Consiglio comunale, suvvia...); questo non dovrebbe provocare solo la mia indignazione, ma quella di tutti. C'è pure l'aggravante che tutto ciò è stato detto in risposta a un messaggio di congratulazioni e auguri; quindi non c'era neppure la "scusante" del discorso polemico. Se poi vogliamo contestare anche l'evidenza...
3) "In alternativa, devi riportare il dialogo così come si è svolto". Se tanto non posso esprimere un mio "commento", tanto vale. Anzi, ripeto: c'è gente, purtroppo, che ci gode a sentire questo genere di cose.
4) "Non è una cosa per parare il culo a Buonanno, che del resto non ne ha bisogno". Gli antichi dicevano excusatio non petita... e forse avevano pure ragione. Tra l'altro, la pagina uscirà con in basso un articoletto con cui si racconta di come La Repubblica abbia prestato attenzione al neodeputato. Però non è per parargli il culo... al signor "azionista di maggioranza" del Valsesiano, sedicente "settimanale indipendente". Di lodi e pubblicità se ne possono fare quante se ne vuole; ma è meglio astenersi, a quanto pare, dall'evidenziare circostanze che potrebbero metterlo in cattiva luce (e non certo inventate o proposte da altri: create da lui stesso!). Non oso immaginare che ne sarebbe di pareri apertamente critici! Parare il culo... figuriamoci! Ora che andrà a Roma (da leghista acquisito, quindi avendo sputato nel piatto in cui mangerà) e avrà a che fare con i giornali nazionali, si dovrà preoccupare di ben altri fatti rispetto a questo...!
Mia risposta a quanto sopra: ho capito perfettamente. La frase incriminata l'ho rimossa, perché non voglio grane. Però qui sul mio blog posso scrivere il cazzo che mi pare, perché sono il direttore editoriale di me stesso: pertanto, mi rivalgo come posso e protesto nei confronti di un fatto che mi ha profondamente contrariato. Sarete poi in cinque o sei a sapere come sono andate le cose, per cui non cambia nulla; ma a me va bene così, mi basta che la cosa non passi integralmente sotto silenzio.

Wednesday, April 16, 2008

"... e quando uno è condannato..."

In risposta alla corretta opinione della Choppa, che invitava a considerare problemi un po' più seri rispetto agli onorari delle commissioni di seggio (e comunque, a scanso di equivoci: le legislature non si buttano via ugualmente, a prescindere dai soldi che si devono spendere per le elzioni. E quelli necessari per l'esercizio di un sacrosanto diritto democratico sono sempre soldi ben spesi...), presento un contributo basato sulle illuminanti inchieste di Travaglio e Gomez. Alziamo un po' il tiro dei problemi politici del nuovo parlamento, parlando dei condannati che vi siederanno. Facciamo qualche esempio?

Massimo Berruti (Pdl): una condanna definitiva a 8 mesi per tangenti alla Guardia di Finanza. Nel suo curriculum figura anche la vicepresidenza della commissione Finanze della Camera. Mi sembra giusto... :@
Giulio Camber (Pdl): condannato in appello a 8 mesi per millantato credito nell'ambito di un'inchiesta su un crack bancario.
Giuseppe Ciarrapico (Pdl): un bel curriculum per questo signore. 5 condanne definitive per truffa (non registrava - fatto molto grave - gli stipendi dei suoi dipendenti sui libri paga), sfruttamento del lavoro minorile, falso in bilancio (quando ancora era reato... :@ ), tangenti varie, concorso nella bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano.
Marcello De Angelis (Pdl): questo senatore è stato condannato a 5 anni di galera per banda armata e associazione sovversiva, a causa del suo coinvolgimento nel gruppo neofascista Terza posizione.
Marcello Dell'Utri (Pdl): su di lui ci vorrebbe una monografia. Comunque: condanna definitiva per false fatture e frode fiscale; condanna in primo grado e in appello per tentata estorsione a sfondo mafioso; condanna in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Ricordiamo con piacere il suo lapsus di un po' di anni fa: "è chiaro che io, essendo mafioso..."
Giorgio La Malfa (Pdl): ve la ricordate la maxitangente Enimont? Una delle vergogne italiane. Beh, c'era dentro anche lui: scoperto, fu condannato a 2 anni e qualcosa.
Antonio Tomassini (Pdl): questo "galantuomo" è un medico che contraffece un partogramma relativo a una bimba nata cerebrolesa, per nascondere le sue potenziali responsabilità; è stato giustamente condannato a 2 anni per questo reato di estrema gravità, ma nella 14a legislatura (per contrapasso, non so darmi altra ragione) era presidente della commissione Sanità del Senato.
Umberto Bossi (Lega Nord): una bella sfilza di condanne anche per lui. 8 mesi di reclusione per concorso nella maxitangente Enimont; 1 anno per istigazione a delinquere; 1 anno e 4 mesi per vilipendio alla bandiera italiana.
Roberto Maroni (Lega Nord): condannato a 4 mesi per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale (durante una perquisizione a una sede del partito tentò di mordere un poliziotto... ci va già una certa fantasia, complimenti!).
Salvatore Cuffàro (Udc): è storia recente. Il Nostro è finito sotto inchiesta e condannato a 5 anni per una cosuccia da niente: favoreggiamento aggravato a esponenti mafiosi. Per questo è stato praticamente costretto a dimettersi (lui sarebbe rimasto imperturbabile al proprio posto), ma tanto andrà in Parlamento: problema risolto.
Enzo Carra (Pd): l'ex democristiano è finito condannato a 1 anno e 4 mesi per falsa testimonianza. Ancora una volta - guarda caso - a riguardo della tangente Enimont.
Renzo Lusetti (Pd): questa proprio non me l'immaginavo, ma Lusetti ha sulle spalle una condanna mica male. Ha dovuto risarcire circa 1 miliardo e 600 milioni di lire al Comune di Roma per consulenze ingiustificate che assegnò quand'era assessore con Rutelli sindaco.
Andrea Rigoni (Pd): condannato in primo grado per abuso edilizio sull'Isola d'Elba, ha fatto ricorso in appello salvandosi per prescrizione.

E poi ci sono tutti gli inquisiti e pluriinquisiti, i prescritti, quelli che "il fatto non costituisce più reato", quelli salvi grazie a leggi inique e antigiuridiche da loro stessi fatte approvare (vi viene in mente qualcuno? Anche a me...).

Ora.
Sentite un po' questa.
Che cosa se ne può dedurre?
Una cosa molto semplice. Che per sentirci chiaramente esposti dei principi basilari della vita democratica di un paese dobbiamo rivolgerci ai film di don Camillo e dell'onorevole Peppone.
In buona sostanza, avevano ragione loro.
"È chiaro?"

Costi

Domani andrò a riscuotere la paga da scrutatore per le elezioni politiche. 145 euro, non male. Però mi sono chiesto: quanto costerà in tutto l'onorario dei presidenti di seggio e degli scrutatori?
Conto presto fatto:
145 * 5 (4 scrutatori e 1 segretario per seggio) = 725
187 per il presidente
totale 912 euro per ogni sezione
moltiplicato per circa 61.000 sezioni = 55 milioni e mezzo di euro
Non è che una parte delle spese tecniche: manca il materiale, la paga per chi predispone le sale, i soldi per il personale degli uffici elettorali. E anche così è una cifra non indifferente.
Io il suggerimento di non buttare via la legislatura l'ho fatto in tempi non sospetti, eh...
Dei costi dei parlamentari e della mia opinione in merito ne parliamo un'altra volta, va!

Wednesday, April 09, 2008

Intervista a Pollini su Classic Voice

Il numero di aprile di Classic Voice pubblica un'interessante intervista a Maurizio Pollini in occasione dell'anniversario del 1968. Il colloquio (con Sandro Cappelletto) è davvero illuminante su molti aspetti: c'è modo di riflettere su un passato che ha visto anche Pollini (a suo modo) protagonista attivo, nonché su un presente sempre più difficile da recepire e interpretare. Indicativo è il fatto che per farci spiegare qualcosa sulla storia del nostro paese e della società contemporanea dobbiamo rivolgerci a uno dei massimi pianisti attualmente in attività, che non ha certo problemi a parlare di questi argomenti, ma sicuramente preferirebbe suonare... Peccato che attualmente le persone preposte a spiegare storia e società siano – salvo eccezioni – scorrette o latitanti... Ben venga perciò l'autorevole "supplenza" di Pollini!

Esercizi di memoria
Ieri una grande tensione volta al rinnovamento, "che però poteva essere maggiore". Oggi il declino. Ma anche la necessità di ricordare. Parola di Maurizio Pollini, protagonista a modo suo di una stagione rivoluzionaria. Anche musicalmente.

"Contatti diretti pochi, in verità. Non ricordo che il Movimento studentesco, a Milano come nelle altre città, dedicasse molta attenzione alla nostra musica". Nel 1968 Maurizio Pollini, milanese, aveva ventisei anni, da otto aveva vinto il concorso Chopin di Varsavia; con calma, senza ansie di affermazione immediata, la sua carriera era già iniziata. Anche se assemblee studentesche ne frequentava poche, il suo modo di abitare la musica cominciava a delinearsi con evidenza. Adesso, due generazioni dopo, in un pomeriggio senza fretta, interrompendo lo studio per accogliere l'ospite, il pianista milanese accetta di conversare su quegli anni e su quegli argomenti.
"Il problema non è se ogni artista debba avere anche un impegno politico: posta la domanda in questi termini, la risposta è ovviamente no. Ma credo che ogni uomo dovrebbe essere consapevole del contesto politico nel quale vive e prendere le sue posizioni".
Molti artisti presero e prendono posizione. Naturalmente non in modo meccanico, né tanto meno ortodosso rispetto a qualche preciso programma politico, come invece i politici spesso vorrebbero. Un caso evidente è Beethoven, l'intenso rapporto che ha avuto con la cultura e la politica del suo tempo.
"In ogni genio deve esserci una componente rivoluzionaria. In Beethoven è evidentissima, come conseguenza dell'Illuminismo, della Rivoluzione francese e delle speranze straordinarie che esistevano in quel tempo. Di un profondo senso di gioia, del resto presente anche in Haydn e Mozart".
E adesso? Quarant'anni dopo il 1968, come fa, come può un ragazzo che abbia i vent'anni che lui aveva allora conservare dentro di sé, sentire vivi questi sentimenti di speranza e di gioia?
"Oggi i giovani dovrebbero essere molto più informati sulle vicende del recente passato del nostro paese. Esercitare la memoria, capire per poi eventualmente opporsi".
Opporsi a che cosa?
"All'identificazione. Alla convinzione che non sia possibile un'organizzazione economica diversa da quella in cui stiamo vivendo. Alla vittoria definitiva del culto del denaro e dell'apparente efficienza capitalista. Alla perdita della fantasia, dell'utopia e dunque anche della speranza. Ma nella storia non vi è nulla di definitivo ed è prerogativa dei giovani immaginare il cambiamento".
Quale il debito maggiore verso quegli anni?
"La necessità che si avvertiva di pensare in modo autonomo. Di non prendere le certezze dei genitori come verità sicure una volta per tutte, di elaborare una visione autonoma del mondo. Un'attitudine molto legata alle esperienze artistiche di allora. Pur con tutti i riflussi che si sono susseguiti, questo cambio di mentalità è rimasto radicato nella società".
Aveva un suo idolo?
"Bertrand Russell, una figura oggi quasi dimenticata. Ci ha insegnato la libertà del pensiero, in una concezione democratica della società che lo metteva in collisione con l'ideologia marxista. Ha creato il Tribunale Russell contro i crimini di guerra dell'imperialismo americano. Poi, abbiamo purtroppo scoperto l'esistenza di molte altre realtà che avevano questo carattere oppressivo".
Quando è finito, in Italia, lo spirito del '68?
"Con il delitto Moro, nel 1978. Trent'anni fa. Enrico Berlinguer aveva visto giusto con la sua ipotesi del compromesso storico come unica forma di governo possibile in Italia. Un progetto ucciso dalla morte di Moro. E non dobbiamo stancarci di ripetere che rispetto a quel delitto, come verso altre stragi, prima di tutto quella della stazione di Bologna, non conosciamo ancora l'intera verità.
Nel campo della creazione musicale, quali sono stati gli esiti più notevoli?
"Sono stati molti i compositori italiani, penso naturalmente a Luigi Nono e Luciano Berio, che hanno portato avanti uno straordinario rinnovamento del linguaggio, con libertà rispetto agli schemi accademici, con una mentalità più aperta. Hanno cominciato, come all'estero Boulez e Stockhausen, a creare opere prima impensabili. Si stava affermando una visione del mondo completamente nuova e il rinnovamento artistico, come sempre succede, ha preceduto quello politico".
Il Sessantotto ha avuto una forte componente internazionalista. Tra i compositori italiani, particolarmente evidente in Luigi Nono, che in Como una ola de fuerza y luz e nella Floresta è jovem e chea de vida si ispira a testi di poeti e rivoluzionari americani e africani.
"È stato grazie alla Floresta, eseguita in prima alla Biennale Musica del 1966, che mi sono avvicinato alla musica di Luigi Nono. Ne fui molto impressionato, gli chiesi se non avesse il desiderio di scrivere qualcosa per pianoforte. Vennero poi Como una ola e ... sofferte onde serene... Tra noi si è poi sviluppata anche una profonda amicizia. Ma a dire la verità di politica parlavamo poco".
Nascono in quegli anni, anche alla Scala, i "Concerti per lavoratori e studenti". Ed è grazie a queste iniziative che anche il giovane Sergio Cofferati, allora operaio alla Pirelli, si avvicina alla musica, al melodramma. Prende avvio l'esperienza di "Musica e realtà" a Reggio Emilia. Alcuni interpreti manifestano concreta solidarietà verso le lotte operaie: lei suona l'Imperatore di Beethoven nei capannoni dell'Ansaldo di Genova, durante l'occupazione. Qualche operaio ricorda ancora quanta attenzione avesse per ottenere, in quelle condizioni, la migliore resa del suono...
"Si avvertiva l'urgenza di incontrare un pubblico nuovo, diverso. E di rendersi disponibili. C'è stato davvero molto entusiasmo".
Finito tutto?
"Settembre Musica, a Torino, nato per iniziativa di Giorgio Balmas, prosegue ancora una politica più aperta verso il pubblico. Indubbiamente quelle esperienze alla Scala, con Paolo Grassi, Claudio Abbado, il coinvolgimento dei consigli di fabbrica di tanti lavoratori che scoprivano il 'grande' teatro, hanno prodotto qualcosa di nuovo, che non poteva però proseguire senza un'adeguata evoluzione. Il rinnovamento poteva essere maggiore".
La musica, il suono dominante in quegli anni, è stato il rock. Vennero scritte anche molte "canzoni impegnate", alcune destinate a vita breve, altre così pregnanti da diventare delle voci e delle memorie condivise e credibili. Ma soprattutto si è affermata allora la persuasione che tra i generi musicali esiste una pari dignità culturale.
"Certo: non esiste materiale che non si possa utilizzare musicalmente. Poi, dipende dagli esiti artistici che si raggiungono. Lo spartiacque l'ha segnato Beethoven, ribadendo l'autonomia della ricerca del compositore rispetto alle esigenze e alle attese del mercato".
Altre differenze tra i generi?
"Una è decisiva e consiste nel tipo di ascolto. Il consumismo, nel campo musicale, ci induce a un ascolto passivo, indifferente, da sottofondo".
Pierre Boulez ammirava Frank Zappa, Luciano Berio si è interessato, e ha scritto un saggio, sulla musica rock, separando il grano dal loglio.
"Ma questo accadeva tempo fa! Oggi, salvo casi che non conosco, c'è un degrado fortissimo della musica leggera, un livello spaventoso di banalità. Se pensiamo al jazz degli anni d'oro, prevalgono una sconfortante povertà, l'assenza di immaginazione musicale. Anche per questo è così importante offrire ai giovani possibilità di ascolto più specifiche e intelligenti.
Milano, 12 dicembre 1969, strage di piazza Fontana. Era lì?
"Sono corso in piazza del Duomo, la reazione democratica della folla, la quantità e la determinazione di tutte quelle persone mi hanno fatto sentire che non ci sarebbe stata una svolta autoritaria. Però abbiamo rischiato un colpo di stato fascista, per allineare l'Italia alle dittature dei colonnelli greci, di Franco in Spagna, di Salazar in Portogallo".
La scena internazionale. La guerra nel Vietnam, i bombardamenti statunitensi sul nord del paese, i defolianti, le bombe al napalm, l'invocazione di Paolo VI perché cessassero. E il suo discorso alla Società del Quartetto...
"No, non riuscii nemmeno a parlare. Giunto alla quinta o sesta parola, appena pronunciato il nome 'Vietnam', si scatenò dalla platea come un'ondata di protesta. Nella mia ingenuità, ero convinto che avrei potuto leggere fino in fondo quella dichiarazione, firmata da tanti musicisti italiani. Il concerto poi non ebbe luogo".
Milano è la sua città da sempre. Molto cambiata oggi da allora.
"Milano è cambiata da quando il Partito socialista ha finito di avere la sua influenza in città, travolto da Mani Pulite. Un'iniziativa ottima, intendiamoci, ma che nei fatti ha creato un vuoto politico riempito da figure e modalità opposte".
Nel '68 il nemico erano il padrone e la sua fabbrica, l'imperialismo, la cultura borghese. Oggi?
"La caduta del muro di Berlino, lo sgretolamento dei paesi socialisti sembra aver fatto perdere ogni speranza, anche quelle mal riposte, per una organizzazione economica diversa da quella in cui viviamo".
Non ci sono più speranze, non esistono più nemmeno pericoli?
Uno è enorme: il vuoto di memoria. Se il livello di vita in Europa continua a essere molto più disteso che in altre parti del mondo, molto è dovuto alle conquiste sociali del dopoguerra, fino agli anni Ottanta. Oggi c'è troppa enfasi sulle virtù del mercato, e invece non c'è abbastanza coscienza di quanto la nostra vita democratica deve allo stato sociale, di quale pericolo rappresenti la precarietà. Quelle conquiste non vanno dimenticate: si può modernizzare lo stato sociale, ma non mutarne la sostanza".
Sono passate due ore, il maestro ha voglia di riprendere a suonare, a studiare: la sua disciplina, da sempre. Accompagna l'ospite alla porta; poi, sulla soglia, prima del congedo: "Sa qual è il vero rischio? Il PIL sarà sempre più alto, ma noi saremo tutti morti!".

Thursday, April 03, 2008

Irpef

Su un manifesto di Cgil-Cisl-Uil affisso a Trivero (BI) è comparsa la seguente locuzione:

RIDUZIONE DELL'AUMENTO DELL'ADDIZIONALE

Ok, dato il titolo che ho messo è chiaro di che si tratta. Presa per conto proprio invece, denota una certa circonvoluzione mentale. C'è confusione, amici... :D